Dalla rivista

Il giornale del consumatore - marzo 1998

 

Privacy e ridicolaggini

di Romano Satolli

 

La legge sulla privacy, che in teoria doveva garantire la riservatezza dei cittadini, in realtà ha allarmato milioni di italiani ed ha comportato costi enormi che, come al solito, si scaricano sui consumatori. Siamo noi consumatori che alla fine paghiamo, direttamente o indirettamente, gli enormi costi che banche, enti, finanziarie, eccetera, sostengono per l'invio di milioni di lettere cosi dette di trasparenza, per informare i cittadini (ed averne il consenso) affinché i dati in possesso dei loro archivi possano essere utilizzati, oltre che per i normali rapporti di lavoro (conti correnti, finanziamenti abbonamenti, pagamenti, eccetera), anche per la trasmissione a terzi per l'invio di lettere, estratti conto, circolari oltre che per scopi puramente commerciali. Intanto, il primo impatto per molti é stato traumatico soprattutto perché i toni imperativi e velatamente minacciosi utilizzati inizialmente specialmente da alcune banche hanno sollevato molte proteste.

Tanti cittadini si sono rivolte alle associazioni di consumatori per sapere se avevano l'obbligo di rispondere a ciò che sembravano dei veri e propri aut aut. Poi i toni si sono ammorbiditi, le lettere di "trasparenza" sono state modificate ed è stata data la scelta, per i dati facoltativi e non indispensabili al mantenimento dei rapporti con il cliente, di dare a quest'ultimo la scelta se far trasmettere il proprio indirizzo a terzi per scopi commerciali, ricerche di mercato, invio di offerte di acquisto, ecc. In verità tanti si sono allarmati più del necessario, perché se ci pensiamo bene il grande occhio dello Stato può controllarci in ogni momento, conoscere tutto di tutti, al di la di ogni privacy.

Tramite le compagnie telefoniche, gli erogatori di servizi luce, gas, acqua, TV di Stato, le banche, gestori di carte di credito, uffici delle imposte, A.S.L., la Pubblica amministrazione può conoscere tutto di ognuno di noi e rivoltarci come un calzino, alla faccia di ogni privacy. Può sapere quanta luce, acqua e gas consumiamo, quali e quanti acquisti facciamo con le carte di credito, quanti soldi abbiamo in banca e, dalle imposte che le banche versano per nostro conto, se e quanti risparmi abbiamo.

Tramite le compagnie telefoniche può sapere a chi telefoniamo e quando, quanto ci tratteniamo al telefono con tizio o Caio ed infine, dalle medicine che acquistiamo con la ricetta del medico di famiglia, anche le nostre malattie. Alla fine questa tanto sbandiera to privacy si riduce alla libertà di poter decidere se vogliamo o meno che il nostro nome compaia sull'elenco telefonico!

Ben poca cosa se togliamo quei pochi che sono molestati da qualcuno, ne sentono veramente la necessità. Se non vogliamo che la banca dia il nostro indirizzo alla ditta che vende per catalogo e non trovarci la buca delle lettere intasate da fasulle comunicazioni di vincite strepitose, chi ci protegge da coloro che fanno la distribuzione porta a porta di cataloghi, volantini, cartacce che ogni super mercato della città, a turno, ci infila nella buca delle lettere?

Chi protegge la nostra privacy ai semafori, sui marciapiedi, nelle stazioni, nei corridoi delle metropolitane, dall'assillo di mendicanti più o meno fasulli da zingari insistenti e arroganti, da petulanti lavavetri, da giovani drogati più o meno minacciosi, da falsi pseudo intervistatori che riescono a strappare la firma su un contratto camuffato, a sprovveduti ragazzi per inutili corsi di lingue? Ma soprattutto chi garantisce la nostra privacy dalla TV di Stato per la quale paghiamo un canone che ci obbliga a sorbirci programmi insulsi, lunghe interruzioni pubblicitarie e, peggio ancora, telegiornali di pura propaganda di potere? Come tante altre iniziative inventate e strombazzate dal governo, la legge sulla privacy sembra una scusa per farci guardare da ipotetici o inoffensivi nemici e distogliere l'attenzione dai veri pericoli alla nostra privacy ed alla democrazia di tutto il popolo. Pericoli sempre presenti quando in tutti i gangli dello Stato il potere inserisce solo persone di sua fiducia, quando si tenta di imbavagliare la stampa non "sintonizzata" con querele e richiesta di danni plurimiliardari, quando si cerca di abituarci a vivere, nel "Paese normale" che ci avevano promesso, in un "democratico" regime nel quale il potere, con la connivenza dei mondo bancario e finanziario, della grande industria e la complicità dei sindacati, intende trasformarci in un popolo di lavoratori rappresentato quasi esclusivamente da stipendiati insoddisfatti e malpagati, da disoccupati sempre più incazzati e da artigiani, piccoli industriali e commercianti in attesa di chiudere bottega per andarsene in pensione e mandare tutti al diavolo.