Una assoluta novit?tra i lucchetti romani: il lucchetto pompeiano

 Non posso nascondere al lettore la particolare attrazione che il lucchetto ha sempre avuto per me: a differenza della serratura e della chiavi, che richiedono sempre la applicazione su una anta o su uno scrigno per ricostruirne la completa funzionalit? il lucchetto ?un organo completo ed auto sufficiente.

Questa attrazione ?testimoniata dalla amorevole cura con cui sto ampliando la mia collezione di lucchetti, che, se non pregiata, ?per lo meno sufficientemente rappresentativa delle varie tipologie che si sono succedute nel tempo ed in un grande numero di paesi, che, come prima menzionato, si estendono dalle coste occidentali dell'Africa sino alla Cina ed al Giappone.

 I romani, grandi viaggiatori, non potevano fare a meno di lucchetti, proprio come oggi anche i popoli nomadi Tuareg ne fanno grande uso. Un attento studioso di antichit? con particolare riferimento alle serrature e lucchetti, il Pitt-Rivers, ha fatto derivare la parola inglese padlock (lucchetto) da "serratura da viaggio", come derivata da path (cammino) e lock (serratura).

E' questa la ragione per cui lucchetti romani sono stati reperiti in varie parti dell'Impero e sono stati studiati con grande attenzione da studiosi tedeschi ed inglesi.

La struttura ed il funzionamento del tipico lucchetto romano sono talmente standardizzati ed hanno raggiunto un tale livello di efficienza e semplicit? funzionale, che ancor oggi nella mia collezione dispongo di lucchetti contemporanei, in tutto simili a reperti di pi?di duemila anni fa. Un confronto tra il reperto illustrato alla pagina 93 del catalogo della mostra trentina " Oltre la porta ", con un esemplare della mia collezione potrebbe rendere difficile anche per un esperto individuare differenze, anche di modesto rilievo.

Ci ?quindi assai pi?facile ricostruire con estrema accuratezza la struttura di un lucchetto romano, proprio per la similarit?tra reperti archeologici ed i prodotti di uso quotidiano odierno.

 Il principio di funzionamento si rif? con qualche modifica, al principio di funzionamento della serratura con molle che si impegnano in un uncino, descritta in precedenza:

 - la parte mobile del lucchetto ?dotata di due o pi?molle, sagomate a barbigli. Quando queste molle vengono inserite nel corpo del lucchetto, vengono inizialmente compresse, nel passare per una feritoia di ridotte dimensioni, allargandosi nuovamente non appena la parte mobile del lucchetto ha raggiunto la sua posizione finale;

 - a questo punto i barbigli si divaricano nuovamente si oppongono alla riapertura del lucchetto.

 

Per aprirlo, ?necessario introdurre la chiave, dall'estremit?opposta a quella di inserzione della parte mobile la chiave (o dalla stessa parte, a seconda delle versioni). La mappa della chiave ?sagomati in modo da costringere i barbigli ad accostarsi nuovamente alla spina centrale di supporto, fino al punto in cui il loro accostamento ?tale da consentire nuovamente il passaggio attraverso la feritoia e quindi la liberazione della parte mobile del lucchetto.

 Questo schema funzionale ?oggi presente in lucchetti fabbricati correntemente in Africa, in Arabia, in Iran, in Afghanistan, in India, in Nepal, in Tibet, in Cina e quindi non ci ?difficile visualizzare il pezzo.

 Per contro, nella collezione del museo archeologico nazionale di Napoli sono presenti rari e forse unici esemplari di lucchetto, il cui principio di funzionamento ?in tutto eguale a quello di una serratura con chiave a sollevamento e traslazione, a riprova della versatilit?di esecuzione, che caratterizza l’opera dell’artigiano romano.

Tra le caratteristiche che dobbiamo esaminare, nello studio di un lucchetto romano, va messa in evidenza la robustezza complessiva, che ?un elemento fondamentale di qualificazione, specie se il lucchetto deve essere applicato alle ante di una porta o deve rifermare una cassa.

Ma la protezione contro l'utilizzo di grimaldelli ed altri attrezzi, atti alla apertura surrettizia, non va dimenticata. Gli accorgimenti antimanomissione messi a punto dagli abili artigiani romani sono in tutto identici a quelli ancor oggi utilizzati:

 - invece di uno o due barbigli, si utilizzano numerosi barbigli (in alcuni esemplari della collezione del Pitts - Rivers fino a 3); ci?facendo, si rende oltremodo complessa la chiave e di difficile duplicazione;

- si pu?sagomare la toppa di introduzione della chiave in vario modo, per restringere la gamma di attrezzi che possono essere utilizzati per la apertura. Questo accorgimento in realt??soggetto a condizionamenti assai marcati e non ?pensabile che la toppa di un lucchetto possa essere sagomata con gli artifici, applicabili invece alla toppa di serrature a mandata.

Un altro accorgimento funzionale assai interessante ?legato alla presenza o meno di una catena, che pur lasciando la possibilit?di svincolare l'occhiello dal corpo del lucchetti, impedisce che il primo possa essere smarrito. Questo accorgimento ?ancora oggi presente in lucchetti di regolare produzione.

 

Parliamo ora della scoperta dei lucchetti di tipo pompeiano

Durante la classificazione degli oggetti contenuti nei depositi del museo archeologico di Napoli, sono stati individuati due lucchetti ed alcuni componenti, che caratterizzano una tipologia affatto nuova di lucchetti Romani.

Il sistema di ritenuta della parte mobile non ?affidato a barbe, ma ad un catenaccio, azionato da una chiave di tipo classico.

Apparentemente, l'artigiano che ha inventato questo tipo di lucchetto non ha fatto altro che inserire nel corpo del lucchetto stesso una serratura di tipo classico, con chiave a sollevamento e traslazione.

I due lucchetti reperiti, di forma leggermente diversa (uno con corpo rotondo e l'altro con corpo quadrato) sono realizzati secondo lo stesso principio.

Un guscio esterno in bronzo ?reso solidale, mediante chiodatura, ad una anima in legno duro scavato, all'interno della quale si trova il meccanismo di blocco del catenaccio.

La manovra della chiave ?affatto convenzionale e la relativa toppa a forma di L ?posta sulla superficie frontale del corpo del lucchetto.

A questo corpo ?fissata una sbarra, lungo la quale scorre la parte mobile del lucchetto. La parte mobile, sagomata ad U, ?terminata da due occhielli, di cui l'uno scorre sulla asta gi?menzionata e l'altro si impegna nel catenaccio, quando il lucchetto viene chiuso.

La maggiore sofisticazione della serratura classica romana offre un grado supplementare di sicurezza per questo tipo di lucchetto, rispetto al tipo a barbe, che pu?essere aperto con relativa facilit?

Per poter essere utilizzato, il lucchetto deve essere inserito in due o pi? anelli, fissati alle ante della porta ed in questo senso esso pu?rappresentare il capostipite di lucchetti che ancora oggi vengono utilizzati in alcuni paesi del meridione italiano.

 

I due lucchetti ed un gancio scorrevole sono illustrati nel catalogo generale.

 

Il "lucchetto" romano del British Museum

Tra i reperti del British Museum ?custodita una cassa di serratura, che si ritiene appartenente ad un lucchetto. 

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Ho molti dubbi circa il fatto che si tratti di un lucchetto, perch?manca la apertura ove avrebbe dovuto impegnarsi il braccio laterale, su cui si impegna il boncinello. Mi riservo comunque un pi?accurato giudizio, dopo un esame diretto.

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