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Convegno Tecnobanca ?8

 

La privacy nelle registrazioni audio e video: la esperienza francese ed ipotesi per quella italiana

sintesi dell’intervento di Adalberto Biasiotti

 

 

L’entrata in vigore della legge 675/96 a tutela dei dati personali ha recepito, anche in Italia, una direttiva europea che in altri paesi è stata recepita con ben maggiore anticipo. In qualche caso leggi a tutela della privacy degli individui sono in vigore da decenni, come la legge francese, che risale al 1978, o la legge britannica (Data Protection Act), che risale al 1984.

Questa legge pone una serie di obblighi a carico dei titolari di trattamento, cioè di coloro che raccolgono e trattano dati personali, e pone una serie di diritti a favore degli interessati, cioè di coloro cui si riferiscono i dati trattati.

La inesperienza dell’Italia in materia di tutela dei dati personali ha fatto si che sorgessero subito molti problemi di interpretazione di estensione del campo di applicazione, di modalità pratiche di gestione dei dati e di loro tutela, affidata ad un organo collegiale, chiamato Garante per la tutela dei dati personali.

Durante il mese di agosto 1997 si è posto in evidenza, tra gli altri, il problema del campo di applicabilità della legge alle riprese video e più in generale alla videosorveglianza di aree pubbliche e private. virgin hair extensions

 

Ecco i fatti.

Il sindaco di Capri, Costantino Federico, ha fatto installare un impianto di ripresa televisiva delle aree più critiche ai fini del controllo del flusso turistico. Le immagini riprese dalle telecamere, tra cui la famosa piazzetta, vengono tenute sotto controllo dai vigili urbani, che possono così intervenire tempestivamente in casi di problemi.

Alcuni vip si sono lamentati, ritenendo che queste riprese potessero in qualche modo violare la legge sulla tutela della loro privacy ed il presidente del Garante, Stefano Rodotà, si è espresso in modo informale a favore della applicabilità della legge a questi impianti, specie se essi risultano collegati ad un impianto di videoregistrazione.

Evidentemente questa operazione, magari legata al luogo ed all’ora, consente di formare un archivio di dati che in qualche modo possono ricadere nell’ambito di applicazione della legge.

 

Del fatto non si è più parlato, ma sono nati semi di dubbio in molti gestori di impianti di ripresa televisiva, che si vedrebbero costretti, in caso di conferma di questa interpretazione informale, a conciliare le esigenze di trattamento imposte dalla legge, certo non semplici, con le esigenze di tutela della sicurezza degli ambienti ripresi.

Non dimentichiamo infatti che molti di questi impianti sono stati installati dietro precise richieste e vive insistenze dei responsabili della sicurezza pubblica.

Sono molti i questori ed i prefetti, e più in generale i comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza, che hanno vivamente raccomandato, per non dire imposto, la installazione di questi impianti, che hanno il prezioso valore deterrente e possono aiutare nella ricostruzione di un evento criminoso.

 

Infine, è bene tenere presente che è ben diversa la situazione di impianti di ripresa televisiva destinati a funzioni di ordine pubblico, come quelli istallati negli stadi o nelle grandi piazze o vie ove si concentrano le manifestazioni e cortei, ed impianti destinati alla tutela dei singoli esercizi commerciali od aree private.

Parimenti, è ben diverso il caso in cui le immagini vengono video registrate, oppure vengono contestualmente esaminate da un operatore, che potrebbe anche essere una guardia particolare giurata.

 

Prima di affrontare in profondità il tema, è bene fare una carrellata su quanto accade all’estero, mettendo a confronto paesi, l’uno completamente privo di regolamenti (l’Inghilterra) e l’altro fortemente regolamentato (la Francia).

 

La situazione inglese

In inglese, il Data Protection Act è entrato in vigore nel 1984.

In Inghilterra gli impianti di ripresa televisiva sono sempre più diffusi, ed una recente statistica permette di classificare l’Inghilterra come paese europeo con il più alto numero di impianti televisivi istallati a copertura di luoghi pubblici, dalle stazioni ferroviarie, agli aeroporti, alle stazioni della metropolitana, ai grandi centri commerciali ed ad aree urbane in generale.

L’entusiasmo dei pubblici amministratori locali inglesi è tale che sono perfino sorte delle voci preoccupate su questi occhi elettronici, che tutto vedono e registrano. D’altro canto, le statistiche hanno confermato in modo inoppugnabile che l’installazione di impianti di video sorveglianza ha un benefico effetto sulla riduzione degli indici di criminalità ed in più casi ha permesso di ricostruire eventi delittuosi.

Ricordo, tra gli altri, la tragica vicenda di un bimbo a Coventry che per mano di due piccoli amici è stato ucciso. I più grandicelli vennero inquadrati e riconosciuti grazie alle telecamere di sorveglianza del centro commerciale, ove si è verificato l’atto criminoso.

Il pubblico è in generale in favore di questi impianti, che gli offrono più un senso di tranquillità, che un timore di veder violata la propria privacy.

 

La situazione francese

I francesi hanno la più antica legge europea a tutela della privacy, la legge n. 78-17 del 6 gennaio 1978.

Questa legge è gestita dalla Commission Nationale informatique et libertè (CNIL), che è quanto mai diligente nella sua applicazione. Essa tuttavia non si è mai occupata di tali impianti, sinché non è stata pubblicata la legge di orientamento e programmazione relativa alla sicurezza (legge di programmazione n. 95-73, il cui testo è stato pubblicato sul Journal Officiel del 21 gennaio 1995).

L’articolo 10 del capitolo II?del titolo III?tratta specificamente di videosorveglianza, che per la prima volta viene inquadrata nei meccanismi di controllo che meglio garantiscono il rispetto dei diritti degli individui. La CNIL è stato coinvolto sin dall’inizio nella elaborazione di questa legge.

E' però in caso di ricordare che nella sua annuale relazione al parlamento, la commissione ha fatto presente i gravi problemi che si pongono con le registrazioni audio e video, che certamente potrebbero violare la privacy degli individui, ove il loro utilizzo non fosse governato per legge.

 

La legge di cui abbiamo prima dato notizia è una legge tecnica, che esplicitamente esclude il fatto che gli impianti di ripresa e sorveglianza televisiva possano ricadere nell'ambito del campo di intervento della CNIL. Tuttavia, a leggere attentamente le disposizioni di legge, si ha la netta sensazione che questa prescrizione sia stata introdotta per evitare di rendere troppo impegnativa la gestione di questi impianti, mentre in realtà molte delle prescrizioni di legge sono talmente vicine a quelle caratteristiche di una legge sulla tutela della privacy, che sembra quasi incidentale il fatto che questi impianti non ricadono appunto sotto la legge della privacy, anziché sotto la legge che mira a tutelare la sicurezza dei luoghi pubblici.

Come si vedrà in prosieguo di relazione, e meglio ancora dalla attenta lettura della circolare del 22 ottobre 1996, relativa alla applicazione dell'articolo 10 della legge numero 95-73 del 21 gennaio 1995, le prescrizioni sono talmente simili da far trovare l'unica significativa differenza nel fatto che incaricata della applicazione della legge è una commissione apposita costituita presso la prefettura, anziché la già menzionata CNIL.

Questa legge non è propriamente un testo di regolamentazione ad uso dei professionisti della video sorveglianza, perché interessa in primo luogo le forze dell’ordine. Ma gli operatori di telesorveglianza devono tenerne conto, perché essa inquadra in modo ufficiale una pratica già largamente diffusa nel settore pubblico e nel privato.

 

Questo testo analizza la messa in opera dello videosorveglianza da parte delle autorità pubbliche e private al fine di garantire specificamente:

 

"la protezione degli edifici e delle installazioni pubbliche e della difesa nazionale, la regolazione del traffico stradale, la constatazione di infrazioni alle regole della circolazione stradale, la prevenzione di attacchi alla sicurezza di persone e di beni".

 

La videosorveglianza è pertanto autorizzata in aree aperte al pubblico, ma l’installatore e l’utilizzatore sono obbligati ad applicare alcune regole di diritto, per inquadrarsi perfettamente nei dettati di legge.

 

Le operazioni di videosorveglianza non possono visualizzare

 

"le immagini di interni di abitazioni od in modo specifico quelle dei portoni d’ingresso; inoltre il pubblico deve essere informato in maniera chiara e permanente dell’esistenza del sistema".

 

Infine, l’installazione deve ricevere un’autorizzazione prefettizia. I sistemi esistenti attualmente dovranno essere assoggettati ad una dichiarazione equivalente ad una domanda di autorizzazione.

 

Il testo di legge

Ecco specificamente il testo di legge (art. 10 del capitolo II del titolo II).

 

1. Le videoregistrazioni e la videosorveglianza non sono considerate informazioni nominative ai sensi della legge n. 78-17 del 6 gennaio 1978 e relativa all’informatica, ai dati, alle libertà, a meno che esse non vengano utilizzate per costruire un archivio nominativo.

 

2. La trasmissione e la registrazione di immagini prese sulla pubblica via per mezzo di sistemi di videosorveglianza possono essere effettuate dalle autorità pubbliche e competenti, al fine di assicurare la protezione degli edifici e di installazioni pubbliche e loro dintorni, la salvaguardia delle installazioni connesse alla difesa nazionale, la regolazione del traffico stradale, la constatazione di infrazione alle regole del traffico e la prevenzione di attacchi alla sicurezza di persone e di beni, in luoghi particolarmente esposti ai rischi di rapina o furto.

Si può ugualmente procedere a queste operazioni nei luoghi e negli esercizi aperti al pubblico, se particolarmente esposti ai rischi di rapina e di furto per assicurare la sicurezza di persone e beni.

Le operazioni di videosorveglianza sulla pubblica via sono effettuate in modo da non visualizzare immagini all’interno di edifici abitati od in modo specifico quello dei portoni di ingresso. Il pubblico è informato in maniera chiara e permanente dell’esistenza di un sistema di videosorveglianza e delle autorità o della persona che ne risponde.

 

3. L’installazione di un sistema di videosorveglianza nel quadro del presente articolo è subordinato ad una autorizzazione del rappresentante dello stato nel dipartimento ed, a Parigi, del Prefetto di Polizia. Questa autorizzazione viene data, salvo nei casi di difesa nazionale, dopo aver ricevuto il parere di una commissione dipartimentale presieduta da un magistrato effettivo od onorario. L’autorizzazione prefettizia prescrive tutte le precauzioni utili, in particolare per quanto riguardano la qualifica delle persone incaricate della gestione del sistema e delle videosorveglianza o che osservano queste immagini, e sulle misure da prendere per assicurare il rispetto delle disposizioni di legge.

L’autorizzazione sollecitata si ritiene acquisita in mancanza di risposta dopo l’intervallo di quattro mesi.

I dispositivi di videosorveglianza esistenti alla data d’entrata in vigore del presente articolo devono essere oggetto di una dichiarazione equivalente ad una richiesta di autorizzazione e devono essere messi in conformità con il presente articolo entro sei mesi .

4. Salvo un caso di un inchiesta in caso di delitto, di un inchiesta preliminare o di un informativa giudiziaria, le registrazioni sono distrutte entro un periodo massimo fissato dall’autorizzazione. Questo periodo non può superare un mese.

 

5. Ogni persona interessata può rivolgersi al responsabile di un sistema di videosorveglianza per ottenere un accesso alle registrazioni che lo possono riguardare o per verificare la distruzione nella scadenza prevista; questo accesso è di diritto.

Il rifiuto di accesso può essere tuttavia consentito per motivi connessi alla sicurezza dello stato, alla difesa, sicurezza pubblica ed allo sviluppo di procedure giudiziarie in corso o di operazioni preliminari a tali procedure per non violare i diritti di terzi. Ogni persona interessata può ricorrere alla Commissione Dipartimentale menzionata al punto 3 per qualsiasi rimostranza legata al funzionamento di un sistema di videosorveglianza.

Le disposizioni del comma precedente non limitano in alcun modo il diritto della persona interessata di rivolgersi ad un ente giurisdizionale competente.

Il fatto di effettuare registrazioni di videosorveglianza senza autorizzazione e di non distruggerli nel termine previsto, di falsificarli, di intralciare l’azione della commissione dipartimentale, di fare accedere persone non abilitate all’immagine od utilizzare questa immagine ad altri fini, rispetto a quelli per i quali esse sono state autorizzate, è punito con tre anni di reclusione e 300 mila franchi di multa, senza pregiudizio di applicazione delle disposizioni dell’articolo 226/1 del codice penale ed L120-2, L121-8, L431.2 del codice del lavoro.

 

Questa legge è stata accompagnata da un regolamento pubblicato in una circolare del 22 ottobre 1996, pubblicata sul Journal Officiel del 7 dicembre 1996, e tale regolamento si applica a tutti gli impianti pubblici di videosorveglianza, in presenza o meno di videoregistrazioni o trasmissione a distanza delle immagini.

Gli impianti di videosorveglianza già operativi alla data di pubblicazione di questo documento devono essere dichiarati prima del 20 agosto 1997.

Ogni nuova installazione deve essere oggetto di domanda di autorizzazione presso una commissione dipartimentale (equivalente alla nostra regione) composta da 5 membri qualificati che dipendono dalla prefettura presente nel luogo pubblico, ove verrà istallato l’impianto.

 

Come si vede la situazione in Francia è ora sotto controllo, anche se gli adempimenti relativi sono risultati piuttosto fastidiosi per gli enti coinvolti.

Gli esercenti si sono adeguati, le banche hanno messo in bella mostra il cartello richiesto dalla legge ed hanno modificato le modalità di conservazione dei nastri o dei supporti magnetici registrati.

Il posizionamento delle telecamere è stato modificato in modo da rispettare il dettato di legge sopra riportato per esteso.

 

Casa fare in Italia

La legge italiana a tutela della privacy è una delle più estese e restrittive d’Europa. Ad esempio, essa si applica anche alle persone giuridiche, mentre ciò non avviene in Inghilterra; si applica anche al trattamento manuale dei dati, mentre ciò non avviene in Inghilterra.

In queste circostanze, è facile ipotizzare che la legge italiana si applicherà senza esitazioni al mondo delle riprese di immagini televisive.

Se ciò è vero, non vi è dubbio che ciò comporta alla messa a punto di regole atte a tenere sotto controllo la liceità di installazione ed utilizzo di questi impianti, specialmente nelle aree aperte al pubblico, come le agenzie bancarie, i centri commerciali, gli esercizi commerciali in genere.

E?opportuno introdurre una differenza sostanziale tra impianti istallati e gestiti da soggetti incaricati di vegliare sull’ordine pubblico, come gli impianti negli stadi, sulle pubbliche vie, nella metropolitana e comunque controllati direttamente da tutori dell’ordine, rispetto ad impianti istallati da privati e tenuti sotto controllo da soggetti privati, ivi incluse le guardie particolari giurate.

 

Come si vede, sono previsti "in nuce" gli elementi caratteristici della notificazione prevista dalla legge 675/96.

I principi della legge a tutela della privacy possono essere applicati con relativa facilità con queste modalità:

 

- obbligo di informativa

informare il pubblico dell’esistenza di questi impianti, come sorta di informativa e di implicito consenso alla ripresa (se non voglio essere ripreso, vado in un altro esercizio commerciale);

 

-obbligo di notificazione

installare questi impianti dopo aver comunicato la loro tipologia ad enti di controllo, come ad esempio il Garante, con una notificazione ad hoc e semplificata. La notificazione al Garante deve comprendere la descrizione dell’impianto, la ubicazione delle telecamere e deve indicare un responsabile dell’impianto stesso;

 

 

- obbligo di non detenere dati personali per un periodo di tempo superiore alle effettive necessità

imporre la distruzione degli archivi o la sovrascrittura entro 30 giorni dalla ripresa originale; consentire la creazione di archivi solo in presenza di fondati elementi di sospetto e comunque sempre e solo a fronte del coinvolgimento delle autorità giudiziarie e/o delle forze dell’ordine (ad esempio a seguito di denuncia contro ignoti);

 

- diritto di accesso

consentire all’interessato, cioè al soggetto ripreso, i diritti di accesso in forma semplificata e limitata per evitare di rendere troppo complessi gli adempimenti relativi per il gestore dell’impianto, e per evitare che un malvivente possa acquisire una serie di informazioni preziose sull’impianto facendosi forte del suo diritto di accesso;

 

 

Per quanto riguarda i luoghi squisitamente privati, come le industrie manifatturiere e di servizi, valgono comunque i disposti dello statuto dei lavoratori, ormai ben noti ed applicati sulla base di una consolidata giurisprudenza.

E?inutile raccomandare al Garante, semmai dovesse dirigere la sua attenzione a questi impianti, di semplificare al massimo tutti gli adempimenti indicati, per evitare che questo prezioso elemento di tutela della sicurezza pubblica e privata possa vedere ridotta la sua efficacia, per il timore di dovere sottostare a gravosi adempimenti.

 

 

allegati:

 

Circolare del 22 ottobre 1996, relativa alla applicazione dell'articolo 10 della legge numero 95-73 del 21 gennaio 1995

 

Decreto n. 37-46 del 15 gennaio 1997 relativo agli obblighi di sorveglianza o di guardiania che incombono a certi proprietari, utilizzatori o gestori di locali ad uso ufficio o commerciali

 

Decreto n. 37-47 del 15 gennaio 1997 relativo agli obblighi di sorveglianza o di guardiania che incombono a certi proprietari o gestori di garages o parcheggi automobilistici

 

Articolo di fondo su rivista Antifurto - ottobre 1997